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Editoriale Che fare? What to do? - Lamberto Briziarelli
DOI: 10.48291/SISA.62.4.1
OPEN ACCESS
SISA_2018_4_presentazione_monografia
449 Che fare?
What to do?
Lamberto Briziarelli
DOI: 10.48291/SISA.62.4.1
Il quarantennale della legge di riforma sanitaria si colloca in un momento di vita difficile dell’intero Paese e ci obbliga non ad una celebrazione, quanto ad una profonda riflessione su dove stiamo andando, e non solo nel campo della sanità. Come il 1978 fu un anno particolarmente felice il 2018 sembra piuttosto foriero di ripercussioni negative e di un forte arretramento.
Nei dodici mesi di quaranta anni or sono vennero a soluzione diversi nodi irrisolti per i quali un movimento della popolazione, le lotte operaie e studentesche tra gli anni ‘60 e ‘70 per la scuola, la casa, la salute, avevano determinato un momento politico particolare, frutto dell’intesa fra i cattolici progressisti e la sinistra riformatrice. E così alla fine del decennio si giunse alla promulgazione di importanti leggi, specie nel campo della tutela della salute, 833, 180 e 194, che segnarono un punto di svolta e di progresso incredibile, tra i più significativi in tutto il mondo avanzato.
Nell’anno corrente, al termine di un decennio di profonda recessione economica che ha creato ripercussioni negative in molti settori della società, registriamo in particolare la perdita di potere dei corpi intermedi della democrazia e delle forme di rappresentanza della popolazione. Assistiamo ad un progressivo, quasi totale, distacco dei cittadini dalle istituzioni, il disconoscimento di partiti e sindacati, la sfiducia e la messa in discussione dei servizi pubblici, un individualismo esasperato che annulla quasi del tutto il concetto di comunità. L’affermarsi di nuovi movimenti ed una nuova espressione elettorale della popolazione hanno portato a momenti assai difficili in cui rischiano di andare in crisi gli elementi su cui si basa l’assetto democratico dell’intero Paese, con il verificarsi di una situazione inversa a quella che portò alle leggi di riforma di quegli anni.
I tanto esaltati attori del cambiamento, nuovi rivoluzionari, non si occupano minimamente di ciò, promuovono una sorta di controrivoluzione che mette in crisi la democrazia, con il rischio di sostituirla con forme oligarchiche se non dittatoriali, senza risolvere nessuno dei problemi più importanti del Paese, limitandosi a seguire le chimere con le quali hanno avuto il successo elettorale.
Siamo in presenza di un paradosso insolubile. Si approfondano le disuguaglianze nella popolazione e tra le varie aree geografiche del Paese, la distanza tra Sud e Nord non è stata mai tanto forte.
Le protezioni sulla salute, come già scritto, ricordato e reclamato più volte (già molti anni or sono da Tudor Hart con la Inverse care law) diminuiscono per i singoli e le loro famiglie quando sono senza lavoro, il lavoro è messo in discussione, le stesse pensioni sono minacciate, specie per le future generazioni.
E così, all’interno della sanità, vengono sminuiti, se non cancellati, gli stessi principi fondamentali su cui si fonda il Servizio sanitario nazionale: uguaglianza, unitarietà, solidarietà.
Prosegue e si approfonda la deriva del SSN determinata dalla II e III riforma della sanità (richiamate nell’articolo di Briziarelli e Menichetti) con l’aziendalizzazione dei servizi (sull’onda della filosofia delle Gran Bretagna del provider e purchaser e l’introduzione della concorrenza all’interno del SSN) e successivamente con le troppo ampie deleghe alle Regioni e Province autonome, senza elementi effettivi di controllo, favorendo la creazione di altrettanti piccoli servizi sanitari autonomi. Con conseguenze gravissime anche nel governo delle strutture sanitarie.
L’articolo di Geddes richiama puntualmente invece le ragioni dell’assoluta sostenibilità del sistema sanitario come delineato nella 833, richiamando partiti e sindacati, forze politiche ed intellettuali ad un nuovo impegno in questa direzione. Debbono essere chiamati in causa i governi regionali e il governo tecnico (la tanto menzionata governance) delle Agenzie e delle Aziende sanitarie; nelle quali a mio parere, si è introdotto un virus (come ancora si usa dire oggi) che ha provocato un grave morbo, una vera e propria sindrome, che in un libro di qualche anno fa Mattozzi e Antonio Merlo hanno chiamato mediocrazia, governo delle mediocrità; nel quale la meritocrazia (peraltro discussa e spesso indegna del nome) basata sulla competenza è stata sostituita dall’appartenenza (stessa desinenza ma quanta differenza!), familistica, di partito o magari di corrente, di fazione, di interessi, di corporazione, se non di cosca. E così, dal combinato disposto della seconda e terza riforma nella gestione del Servizio sanitario ai Comitati di gestione delle USL (macchiati dall’accusa infamante di lottizzazione) è stata sostituita una trimurti di nominati (nobilitati, con l’inglesismo di turno, manager) scelti dalle sole maggioranze dei governi regionali. Un triumvirato che a sua volta ha il potere di nominare i responsabili di servizi (non delle pulizia o di manutenzione, o della lavanderia) ma i primari delle strutture sanitarie, ospedaliere o territoriali che siano. E così dirigenti di Centri di salute sono specialisti in ostetricia; Oculisti dirigono Distretti sanitari, Veterinari dirigono Dipartimenti di Prevenzione, Cardiologi e Ostetrici diventano Direttori sanitari (cito tutti casi realmente avvenuti).
In tempi più recenti, all’interno della sindrome sono comparsi due nuovi e gravi sintomi, il presentismo (ben definito circa un anno fa in un interessante libro di De Rita e Galdo, “Prigionieri del presente” e su cui quindi non mi dilungo) e il rifiuto della scienza.
E così, tanto per citare casi veri, senza far torto a nessuno, una Ministra della pubblica istruzione di un precedente governo (che nel suo curriculum vantava il solo lavoro di sindacalista e titoli di studio discussi) poteva sostenere che le vaccinazioni (cioè il diritto alla salute dei bambini, degli uni verso tutti gli altri) avrebbero minacciato il diritto allo studio; per tutta risposta, la vincente Ministra della sanità per converso (invece di fermarsi alle poche vaccinazioni obbligatorie di cui un improvvido altro ministro aveva sospeso l’obbligatorietà) ne imponeva dodici, sotto la spinta di qualche igienista provvido o magari di qualche altra lobby. E nel governo attuale un Sottosegretario può porre la domanda “ma chi ha detto che la scienza deve prevalere sulla politica?”, come se si trattasse di una partita di calcio, di una scommessa da bar, mettendo a confronto la verità dei dati e della storia del progresso con le opinioni, magari espresse in 140 caratteri; o la Ministra della sanità che propone un’obbligatorietà discrezionale, mostrando una scarsa conoscenza anche del vocabolario, rispetto al significato delle parole.
Siamo di fronte ad una pagina bianca con un grosso punto interrogativo di colore rosso, scottante. Come fare ad arginare quella specie di deriva dei continenti intrapresa dalle nostre Regioni? Come ridurre ad unum ventuno piccoli e distinti servizi sanitari, di modo che i cittadini ricevano le stesse prestazioni dalle Alpi al Lilibeo (come si diceva una volta) o fare si che i servizi siano tutti uguali, da Norcia a Perugia, dal Mugello a Firenze, o che il patto sociale della solidarietà torni a regnare dovunque? Questa è la domanda sulla quale possiamo interrogarci, qui o convocare un’altra sessione, senza entrare nella logica ingegneristico-istituzionale – che ha lasciato sulla strada diversi cadaveri eccellenti – ma trovare il modo, perché è qui che si salvano i principi fondamentali dell’equità, unitarietà e solidarietà su cui poggia l’intera 833 ed il vero SSN pubblico.
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The National Health Service after 40 years, between regionalism and sustainability
DOI: 10.48291/SISA.62.4.2
Il Servizio sanitario nazionale dopo 40 anni, fra regionalismo e sostenibilità
The National Health Service after 40 years, between regionalism and sustainability
Marco Geddes da Filicaia
DOI: 10.48291/SISA.62.4.2
Medico, epidemiologo. Comitato di Bioetica della Regione Toscana
Parole chiave: storia del SSN, finanziamento, sostenibilità, prevenzione, regionalismo
RIASSUNTO
Sono presentati dati demografici e sanitari che evidenziano le modifiche occorse dalla istituzione, nel 1978, del SSN ad oggi. Vengono esaminati i dati di spesa pubblica negli ultimi anni e le proiezioni per i prossimi 50 anni, che evidenziano la posizione dell’Italia rispetto ai paesi europei. Il sistema sanitario risulta sobrio e resiliente, ma sottoposto a una rilevante riduzione di risorse, sia in termini di spesa corrente che di investimenti, che rischia di mettere in crisi il sistema, ridurre la fiducia dei cittadini nella sanità pubblica e favorire la privatizzazione e il ritorno a forme mutualistiche.
Politiche volte a combattere gli sprechi, ad attenuare le diseguaglianze territoriali e sociali, a promuovere la salute in ogni azione pubblica e una differente politica finanziaria sono necessarie per rendere sostenibile socialmente e finanziariamente il SSN italiano, che risulta sobrio e di elevata qualità.
Key words: history of NHS, financing, sustainability, regional autonomy
SUMMARY
Demographic and health data are presented, which highlight changes that occurred from the establishment of the Italian National Health Service (SSN) in 1978 to the present day. Data on public spending in the last few years and the projections for the next 50 years, which highlight Italy’s position compared to European countries, are examined. The health system is cost-effective and resilient, but subjected to a significant reduction in resources in terms of current expenditure and investment, which risks undermining the system, reducing confidence in public health, favoring privatization and a return to mutualistic forms of insurance.
Policies aimed at reducing waste, mitigating territorial and social inequalities, promoting health in every public action and a different financial policy are necessary to make the SSN, which is already cost-effective and of high quality, socially and financially sustainable.
Autore per corrispondenza: marco.geddes@gmail.com
Monografia Il Servizio sanitario nazionale dopo 40 anni – The National Health Service after 40 year
SISA_2018_4_presentazione_monografia
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NHS. Only a paradigm change will save him
Gavino Maciocco
DOI: 10.48291/SISA.62.4.3
SSN. Solo un cambio di paradigma lo salverà
NHS. Only a paradigm change will save him
Gavino Maciocco
DOI: 10.48291/SISA.62.4.3
Comitato Scientifico Centro Salute Globale, Regione Toscana
Parole chiave: SSN, malattie croniche, multimorbosità, cambio di paradigma
RIASSUNTO
Il SSN non può essere ridotto a una fabbrica di prestazioni. Il SSN deve tutelare e promuovere la salute delle persone e attrezzarsi per affrontare adeguatamente l’epidemia delle malattie croniche (e la sub-epidemia della multimorbosità). “Nonostante si viva in un mondo dominato dalle patologie croniche, nei luoghi di cura si pratica una medicina quasi esclusivamente per acuti: all’alba del XXI secolo persistono i modelli del XIX secolo”, scrivono R. Rozzini e M. Trabucchi. È necessario per questo un profondo «cambiamento». Un cambio di paradigma basato sulla sanità d’iniziativa: prevenzione e lotta alle diseguaglianze socio-economiche (di malattie croniche si ammalano e ne muoiono molto di più le fasce più disagiate della popolazione), supporto all’auto-cura, presa in carico a lungo termine dei pazienti da parte di team multiprofessionali e multidisciplinari composti da medici di famiglia, infermieri e specialisti, continuità delle cure e più tempo dedicato alla relazione tra professionisti e pazienti, integrazione socio-sanitaria. Il cambio di paradigma richiede un forte rilancio delle cure primarie e dei servizi territoriali.
Key words: NHS, chronic diseases, multimorbidity, paradigm shift
SUMMARY
The NHS can not be reduced to a health provision factory. The NHS must protect and promote people’s health and equip itself to adequately address the epidemic of chronic diseases (and the multimorbidity sub-epidemic). “Although we live in a world dominated by chronic diseases, in the places of care we practice medicine almost exclusively for the acute: at the dawn of the 21st century, the models of the nineteenth century persist”, write R. Rozzini and M. Trabucchi. A profound “change” is necessary for this. A change of paradigm based on the anticipatory healthcare: prevention and fight against socio-economic inequalities (of chronic illnesses get sick and die more the more disadvantaged sections of the population), support to self-care, taken care of long-term patients by multiprofessional and multidisciplinary teams consisting of family doctors, nurses and specialists, continuity of care and more time dedicated to the relationship between professionals and patients, social-health integration. The paradigm shift requires a strengthening of primary care and community services.
Autore per corrispondenza: gavino.maciocco@gmail.com
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The so-called integrative health care: a threat to the NHS
Alberto Donzelli
DOI: 10.48291/SISA.62.4.4
La Sanità cosiddetta integrativa: una minaccia per il SSN
The so-called integrative health care: a threat to the NHS
Alberto Donzelli
DOI: 10.48291/SISA.62.4.4
Consiglio direttivo della Fondazione Allineare Sanità e Salute
Parole chiave: sanità integrativa, spesa sanitaria pubblica, spesa sanitaria privata intermediata, spesa sanitaria privata diretta, spesa sanitaria privata totale
RIASSUNTO
Obiettivi: valutare la Sanità Integrativa (SI) in termini di: Equità; Coerenza con gli obiettivi dichiarati: alleggerire la spesa sanitaria pubblica, ridurre quella privata, dare sostenibilità al SSN, accesso rapido; Ricadute su consumismo sanitario e tenuta del SSN; Rischi della SI e loro contenimento.
Metodi: presentazione di dati per la valutazione degli specifici obiettivi di valutazione della SI.
Risultati: i 14 milioni di beneficiari, socio-economicamente privilegiati, godono di deduzioni dei contributi per la SI sussidiati con le tasse anche dei ~46 milioni di italiani che non ne usufruiscono, tra i quali sono più rappresentati i gruppi sociali svantaggiati. Iniquità nell’accesso significa anche, a forza lavoro costante, allungare le liste d’attesa per chi non accede alla SI. I dati OECD mostrano che a maggior spesa intermediata si associa maggior spesa pubblica e maggior accelerazione della stessa, per costi di transazione/amministrativi e consumismo, e persino maggior spesa privata complessiva (out of pocket + intermediata). Le ricadute sul consumismo sanitario sono enormi, perché la SI deve indurre prestazioni per mantenersi/attrarre clienti. I beneficiari di SI, sono forti consumatori, spendono di più in tutto e il Sistema perde costo-opportunità. E’ necessario chiarire la SI come operazione commerciale.
Conclusioni: la SI è fonte di: iniquità per i benefici fiscali per chi vi accede a scapito degli altri contribuenti; consumismo sanitario indotto, coprendo anche tante prestazioni di efficacia non provata nè probabile che il SSN ha buon motivo per non offrire; comporta paradossale aumento della spesa sanitaria pubblica e della privata complessiva, oltre che aumento di quella totale; i dati mostrano che rende più precaria la sostenibilità di un SSN, anche perché la crescente offerta di SI prelude a fuoriuscite dal SSN di chi versa più contributi e in proporzione costa meno. La libertà di associarsi per ottenere vantaggi è legittima, ma Stato, Regioni, ASL dovrebbero contrastare iniquità e consumismo; se gestiscono SI, limitarsi a prestazioni solo integrative di cui serie valutazioni di merito confermino l’efficacia almeno probabile, benché non ancora nei LEA; promuovere educazione sanitaria valida e indipendente ed empowerment e supporti/benefit per render facili le scelte salutari.
Keywords: supplementary health care, public health expenditure, voluntary schemes/household out-of-pocket payments, total health expenditure
SUMMARY
Objectives: to evaluate the Integrative Healthcare (IHC) in terms of: Equity; Coherence with the stated objectives: to lighten public health expenditure, reduce private health expenditure, give sustainability to the National Health Service, rapid access; Consequences on health consumerism and on the maintenance of the National Health Service; IHC risks and how to contain them.
Methods: presentation of data for the evaluation of specific IHC objectives.
Results: the 14 million beneficiaries, socio-economically privileged, enjoy deductions of contributions to IHC subsidised with taxes also of ~46 million Italians who do not use it, among whom are more represented disadvantaged social groups. Inequity in access also means, with a constant workforce, lengthening the waiting lists for those who do not access the IHC. OECD data show that greater intermediate expenditure is associated with greater public expenditure and greater acceleration of the same, for transaction/administrative costs and consumerism. The repercussions on health consumerism are enormous, because the IHC must induce services to maintain/attract customers. The beneficiaries of IHC are haevy consumers, spend more, the System loses opportunity-cost. It is necessary to clarify the IHC as a commercial operation.
Conclusions: IHC is a source of: unfairness for tax benefits for those who access it, to the detriment of other taxpayers; induced health consumerism, also covering many services of neither proven nor probable effectiveness, which the NHS has good reason not to offer; paradoxically, it leads to an increase in public and overall private health expenditure, as well as an increase in the total health exspenditure. The data show that it makes the sustainability of an NHS more precarious, also because the growing supply of IHC preludes to leakage from the NHS of those who pay more contributions and in proportion cost less. The freedom to associate in order to obtain benefits is legitimate, but the State, the Regions and the Local Health Authorities should counteract inequity and consumerism; if they manage IHC, they should limit themselves only to supplementary services, of which a serious assessment confirm an at least probable effectiveness, although not yet included in the LEAs. Moreover they should promote valid and independent health education, empowerment and support/ benefit in order to make healthy choices easy.
Autore per corrispondenza: adonzelli@ats-milano.it
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The University of Perugia Hygiene Institute contribution to the Health Reform
Lamberto Briziarelli, Paolo Menichetti
DOI: 10.48291/SISA.62.4.5
Il contributo della Scuola perugina di Igiene per la Riforma Sanitaria
The University of Perugia Hygiene Institute contribution to the Health Reform
Lamberto Briziarelli*, Paolo Menichetti*
DOI: 10.48291/SISA.62.4.5
*Già Professore di Igiene della Facoltà di Medicina e Direttore del CeSPES dell’Università di Perugia, Redattore capo della rivista
**Specialista in Igiene e Medicina Preventiva, già Direttore Generale ASL Firenze e AO Ancona
Parole chiave: movimenti e processi riformatori, democrazia, integrazione, sostenibilità
RIASSUNTO
L’obiettivo è quello di illustrare in dettaglio il contributo della Scuola Perugina di Igiene dell’Università, inserita profondamente nel contesto socio-politico della Regione Umbria e lo stato di integrazione fra il mondo accademico, le istituzioni, gli operatori della ricerca e dei servizi, i corpi intermedi della democrazia, i movimenti spontanei della popolazione nelle città, nel mondo del lavoro, nel sistema scolastico.
Lo sviluppo della trattazione si articola in quattro punti: Perugia e l’Umbria crogiuolo della riforma, l’Istituto di Igiene dell’Università di Perugia motore dell’intero processo, i tradimenti della 833 e gli allarmi inascoltati, lotta continua per una riforma sostenibile. L’articolo è corredato di una ricca bibliografia che illustra i contributi portati alla tematica del processo riformatore e della riforma, prima e dopo l’anno di approvazione della legge 833.
Keywords: movements and reforming processes, democracy, integration, sustainability
SUMMARY
To demonstrate the University of Perugia Hygiene Institute contribution to the NHS creation is the main goal of this article.
Four main points are developed: – in the early “50ies Perugia and Umbria Region socio-political context has been interested by a strong population movements in school, university, worksites, institution and unions as well; – the University Institute of Hygiene assumed a leading role of the reforming process for the enforcement a new law;- the new law has not been applied correctly and many warnings have been claimed by the above mentioned Institute and related persons; – a new struggle and fight for a sustainable N.H.S. are requested. References of written materials before and after the enforcement of the mentioned law are presented.
Autore per corrispondenza: lamberto.brizia@gmail.com
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40 years of Law 180
Francesco Scotti
DOI: 10.48291/SISA.62.4.6
40 anni della Legge 180
40 years of Law 180
Francesco Scotti
DOI: 10.48291/SISA.62.4.6
Psichiatra, Docente della Scuola COIRAG di Roma, già Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della USL di Perugia
Parole chiave: Legge 180/78; Legge 833/78; ospedale psichiatrico; salute mentale; integrazione dipartimentale dei servizi
RIASSUNTO
La Legge 180/78 è stata l’anticipazione, per la psichiatria, della riforma sanitaria introdotta con la legge833/78. Vi è un lungo tempo, anteriore al essa, e precisamente a partire dai primi anni ’60, che è punteggiato da esperienze di nuova psichiatria, caratterizzato inizialmente da un movimento antimanicomiale e successivamente polarizzato sulla costruzione di una psichiatria di comunità, con la messa in opera di reti di servizi di salute mentale. In questo articolo vengono descritte le condizioni politiche e culturali che hanno permesso l’avvio e lo sviluppo a Perugia di una delle esperienze italiane più importanti che hanno portato al superamento della legge sui manicomi e sugli alienati del 1904 con la Legge che oggi è conosciuta, in Italia e nel mondo, come Legge Basaglia. L’illustrazione di un’esperienza concreta è necessaria per capire il valore della rivoluzione culturale che la legge che oggi celebriamo ha avuto per la psichiatria italiana con un potenziale innovativo non sempre rispettato e non ancora esaurito. Il valore dirompente di questa legge sullo stato della psichiatria italiana dell’epoca è provato anche dal numero, veramente eccezionale, delle minacce di abrogazione e di riforma che sono state portate avanti in questi anni e che, grazie ad una mobilitazione generale, e non solo degli psichiatri “illuminati”, sono cadute nel vuoto.
Questo testo, scritto da uno psichiatra, è dedicato, nella sua parte iniziale, alla rievocazione di due figure il cui contributo viene da campi extrapsichiatrici, uno dalla politica e dall’amministrazione, l’altro dall’antropologia culturale.
Nella seconda parte vengono discussi, accanto ai meriti fondamentali della Legge, che sono la chiusura dei manicomi e la organizzazione dipartimentale dei servizi di tutela della salute mentale, i suoi limiti, che hanno concorso alla sua fragilità e, indirettamente, all’attuale stato di crisi.
Keywords: Law 80/78; Law 833/78; psychiatric hospital; mental health; departmental integration of services
SUMMARY
Law 180/78 was the anticipation, for psychiatry, of the health reform introduced by Law 833/78. There is a long time, prior to it, and precisely from the early ’60s, which is punctuated by experiences of new psychiatry, initially characterized by an anti-manicomial movement and later polarized on the construction of a community psychiatry, with the implementation of networks of mental health services. This article describes the political and cultural conditions that have allowed the start and development in Perugia of one of the most important Italian experiences that led to the overcoming of the law on asylums and alienated people of 1904 with the law that is now known, in Italy and worldwide, as the Basaglia Law. The illustration of a concrete experience is necessary to understand the value of the cultural revolution that the law we are celebrating today has had for Italian psychiatry with an innovative potential not always respected and not yet exhausted. The disruptive value of this law on the state of Italian psychiatry of the time is also proven by the truly exceptional number of threats of repeal and reform that have been carried out in recent years and that, thanks to a general mobilization, and not only of “enlightened” psychiatrists, have fallen into a vacuum.
This text, written by a psychiatrist, is dedicated, in its initial part, to the re-enactment of two figures whose contribution comes from extra-psychiatric fields, one from politics and administration, the other from cultural anthropology. In the second part, in addition to the fundamental merits of the Law, are discussed the closure of asylums and the departmental organization of services for the protection of mental health, its limitations, which have contributed to its fragility and, indirectly, to the current state of crisis.
Autore per corrispondenza: francescotti@navingio.net
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Europa delle Regioni, Quadro dello sviluppo europeo
Arnd Hofmeister
DOI: 10.48291/SISA.62.4.7
Europe of Regions, Frame of European Development
Europa delle Regioni, Quadro dello sviluppo europeo
Arnd Hofmeister
DOI: 10.48291/SISA.62.4.7
Replacement Professor for Public Health and Childhood, Faculty of Applied Humanities, University of Applied Sciences Magdeburg-Stendal (Germany)
Keyword: Europe of Regions, New Public Health Perspective, European solidarity
SUMMARY
This paper argues for a strengthening of the approach “Europe of Regions” based on European Solidarity against all odds of current nationalist political developments. From a “New Public Health Perspective” regions are the most appropriate Unit for public health policy and planning, because they are close to the needs of people and to the places where they live, work, learn and play. However in a context of the political “constitution” of the “European Union” such a bottom-up perspective of a “Europe of Regions” requires some detailed differentiations. After shortly reconstructing the history of the political framework “Europe of Regions” constitutional differences will be described to then discuss political challenges. This paper argues that the framing of EU policies follows mostly a top-down approach focusing of the negative integration of the markets which is finally responsible for the decreasing support of the EU as a political union in the population. Regions are mostly implementing EU policies and are positioned as competitors for EU funding. Instead, a bottom-up approach is suggested which starts from the needs of the people and articulates them in a joint vision of European solidarity. For sustainable development in the EU, Public Health Advocacy needs to step outside the established frame of EU policy-making to ask for policies of the many, not the few and show discontent where the EU falls short of its own norms and values.
Parole chiave: Europa delle Regioni, nuova prospettiva di Sanità Pubblica, solidarietà europea
RIASSUNTO
L’articolo sostiene il rafforzamento dell’approccio “Europa delle Regioni” basato sulla solidarietà europea contro ogni previsione degli attuali sviluppi politici nazionalisti. Da una “nuova prospettiva di sanità pubblica” le Regioni sono l’unità più appropriata per la politica e la pianificazione della sanità pubblica, perché sono vicine ai bisogni delle persone e ai luoghi in cui vivono, lavorano, imparano e giocano. Tuttavia, in un contesto di “costituzione” politica dell'”Unione europea”, una prospettiva dal basso verso l’alto di una “Europa delle Regioni” richiede alcune differenziazioni dettagliate. Dopo aver brevemente ricostruito la storia del quadro politico “Europa delle Regioni” vengono descritte le differenze costituzionali per poi discutere le sfide politiche. Questo documento sostiene che la definizione delle politiche dell’UE segue per lo più un approccio dall’alto verso il basso incentrato sull’integrazione negativa dei mercati, che è infine responsabile del sostegno decrescente dell’UE come unione politica nella popolazione. Le Regioni attuano principalmente politiche dell’UE e si posizionano come concorrenti per i finanziamenti dell’UE. Viene proposto un approccio dal basso che parte dai bisogni delle persone e li articola in una visione congiunta di solidarietà europea. Per lo sviluppo sostenibile nell’UE, l’advocacy della sanità pubblica deve uscire dall’ambito stabilito del processo decisionale dell’UE per chiedere politiche dei molti, non di pochi ed evidenziare quando l’UE non è all’altezza delle proprie norme e valori.
Autore per corrispondenza: arnd-hofmeister@gmx.de
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Organizzazione Mondiale della Sanità
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Documento Dichiarazione di Astana, ottobre 2018 – Organizzazione Mondiale della Sanità
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Promozione della salute, del benessere della persona e della comunità e prevenzione primaria
Nel quarantennale dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale tramite la legge n. 833 del 23 dicembre 1978, il 5 dicembre 2018 l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha approvato, con il consenso ed il contributo di tutte le forze politiche, la Legge regionale n. 19 del 5 dicembre 2018 “Promozione della salute, del benessere della persona e della comunità e prevenzione primaria” che di seguito viene riportata integralmente. Una legge che esprime e fa propri tutti i grandi valori che hanno ispirato la legge 833/1978, valori che restano ancora saldamente intrecciati e coerenti con la carta costituzionale della nostra nazione e con le indicazioni dell’OMS a partire dalla dichiarazione di Alma Ata anch’essa redatta nel 1978 (anno memorabile che sanciva l’eradicazione del vaiolo) e proseguite con le conferenze internazionali per la promozione della salute a partire dalla prima riassunta nella Carta di Ottawa del 1986, fino alla nona edizione svoltasi a Shangai nel novembre 2016.
Ma se si parla di valori ci si attende non solo una produzione di natura legislativa ma anche un altro tipo di filiazione, quella forse più importante, quella che non solo fornisce risposte a bisogni espressi ma anche la capacità di penetrare in modo incisivo nella cultura di una comunità tanto da condizionarne il pensiero, i comportamenti, le abitudini. Questo ritengo sia lo spirito di fondo della recente legge regionale dell’Emilia Romagna: orientare tutte le risorse locali verso un alto obiettivo culturale quello di potenziare le competenze del singolo cittadino e delle singole distinte comunità nella salvaguardia e nel sostegno alla salute come bene comune imprescindibile. E ciò si desume bene da quella che è l’impalcatura e lo spirito della legge che fa propri concetti quali: partecipazione, condivisione, empowerment, collaborazione, rete, sinergia, equità, medicina di iniziativa, one health, parità di genere, osservazione e valutazione, sostenibilità, multisettorialità, capitale sociale. Concetti che in parte ritroviamo, ad onor del vero, anche nel Piano Regionale della Prevenzione dell’Emilia Romagna 2014-2019.
Per promuovere salute e prevenire malattie la legge regionale identifica in modo chiaro l’importanza di valorizzare soggetti e contesti come: il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta, le professioni sanitarie tutte, l’ospedale, il sistema formativo scolastico, l’università, i luoghi di lavoro. In questo senso sostiene e promuove accordi operativi per la salute di comunità che diventano strumento di base per utilizzare al meglio il capitale sociale presente nei singoli territori. Ne è un esempio quanto è stato fatto, anche anticipando di qualche settimana l’approvazione della legge, nella città metropolitana di Bologna con la sottoscrizione di un accordo operativo tra Comune di Bologna, Azienda USL, Azienda Ospedaliera, Ufficio Scolastico Provinciale ed Università, già attivo e che ha già costituito tavoli multisettoriali su alcune delle grandi tematiche di salute che ritroviamo nella legge quali ad esempio: attività motoria e pratica sportiva, alimentazione sana e sicura, diabete dell’adulto, dipendenze da alcol e sostanze, sicurezza del bambino, malattie cardiovascolari, promozione dei determinanti del benessere psicofisico e sociale. Un’utopia? Forse si, se si analizza l’attuale panorama politico e sociale nel nostro paese e nell’intero mondo occidentale nell’era della globalizzazione, ma su queste utopie sono nate le grandi conquiste della nostra civiltà. Rendere questa utopia una realtà è il sogno di questo atto legislativo che proprio per affrontarla al meglio stanzia un fondo annuale di 3.500.000 di euro all’anno per gli anni 2019-2021. La parola ora alla competenza, alla passione, all’impegno e alla perseveranza della comunità emiliano-romagnola.
Paolo Pandolfi
Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Bologna
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